Paestum: dalla preistoria ad oggi

DiAnna Tauri

Lug 21, 2012

« Finalmente, incerti, se camminavamo su rocce o su macerie, potemmo riconoscere alcuni massi oblunghi e squadrati, che avevamo già notato da distante, come templi sopravvissuti e memorie di una città una volta magnifica. »

Non sono parole qualunque, da cartolina: provengono dal diario di viaggio di un autore assolutamente d’eccezione, che le scrisse più di duecento anni fa. Il diario è il “Viaggio in Italia”, e l’autore è il celebre Goethe, che racconta il suo Grand tour di due anni in Italia – il viaggio che era tradizionale compiere per i giovani di buona famiglia, che visitavano i luoghi culturalmente e storicamente più importanti prima del loro debutto in società. Nello specifico, parla proprio della sua visita alle rovine di Paestum – una meraviglia storica ed archeologica che abbiamo ancora oggi la fortuna di poter visitare ampiamente. Perciò, per le prossima vacanze, perchè non decidere di alloggiare un in un Hotel a Paestum, e da lì partire per esplorare, con una bella escursione, tutte le meraviglie di questo piccolo grande gioiello del Cilento, che tanti archeologi hanno esplorato e studiato per riportarne alla luce la storia?

E’ infatti una storia lunghissima quella dell’insediamento nella zona che ora conosciamo come Paestum: i suoi albori risalgono addirittura, a quanto hanno dedotto gli archeologi dallo studio dei reperti emersi durante gli scavi, al periodo paleolitico: questo appare evidente sia dai resti di capanne che dai veri e propri manufatti. In realtà, dalle ricostruzioni, l’ipotesi più probabile è che addirittura ci fossero non uno, ma due insediamenti vicini, siti sulla cima delle due alture che ritroviamo ancora oggi, e sulle quali sorgono, rispettivamente, il Tempio di Cerere e la Basilica.

Ciò di cui in effetti, invece, non disponiamo, sono dati precisi ed effettivi sulla fondazione della città le cui rovine oggi ammiriamo. Disponiamo però di diverse fonti storiche antiche, sebbene più tarde rispetto alla probabile data dell’evento, in base alle quali abbiamo buoni motivi per pensare che a fondare la città – che aveva inizialmente il nome di Poseidonia – siano stati dei Dori, scacciati da una maggioranza Achea, provenienti dalla colonia Greca di Sibari. Il tutto è collocabile intorno a 2600 anni fa. La città visse in effetti il suo periodo di maggior ricchezza e potenza nel quinto-quarto secolo avanti Cristo, sviluppando importanti rapporti commerciali.

Nel secolo successivo, Poseidonia subì una fulminea conquista da parte delle popolazioni Lucane, che ne mutarono il nome in Paistom. Si tratta di un avvenimento comune nelle città della Magna Grecia dell’epoca; le popolazioni locali Italiche, dapprima utilizzate nelle città come forza lavoro di basso livello, in molte occasioni arrivarono al dominio sulle città stesse. Ne è un esempio pressochè contemporaneo Neapolis – quella che oggi conosciamo come Napoli. Il mutamento dei vertici politici e di comando non mise però fine in alcun modo allo splendore né alla ricchezza della città; sono di questo periodo vasi pregevolissimi prodotti da maestri di prim’ordine, e sepolture affrescate e ricolme di corredi funerari di enorme valore. Tale ricchezza pare essere dipesa da una rara e fortunata combinazione di guadagni commerciali e produzione agricola della fertilissima Piana del Sele.

È poi nel 273 a.C. che si verifica l’ultimo e definitivo cambio di governo e di nome per la città: Roma la sottrae alla Confederazione Lucana e ne mutò il nome in quello che ancor oggi conosciamo di Paestum. Preziosa alleata dell’Urbe, a cui fornì navi e da cui ottenne perfino l’ambito diritto di coniare moneta, Paestum si vide arricchita durante il dominio Romano di grandi opere pubbliche, dal Foro, all’anfiteatro oggi tagliato in due dalla S.S. 38, al santuario della Fortuna Virile – acquisendo altre ancora fra le numerose meraviglie architettoniche che il tempo ha preservato per noi, e delle quali possiamo oggi godere.

Di Anna Tauri

Scrivo per creare connessioni. Questo è ciò di cui parlano la mia vita e le mie parole.