Nel momento in cui usiamo il termine “essiccatoi”, stiamo in concreto pensando ad una gamma molto vasta di diversi apparecchi; nello specifico, ad una lunga serie di forni industriali a bassa temperatura, con I quali si effettuano parecchi tipi di trattamenti termici, nei più diversi processi di produzione industriale, a temperature che vanno dai 50 ai 500 gradi centigradi. Possono essere alimentati a combustione o elettricamente, e trovano utilizzo , ad esempio, nella produzione delle vernici, delle resine, della carta e del cartoncino, delle materie plastiche – in breve, più genericamente, di tutti quei materiali che devono essere asciugati per liberarli dal liquido di cui si trovano ad essere, per tante ragioni, impregnati.
La preferenza all’interno di una gamma così vasta, evidentemente, viene effettuata in base a precisi criteri applicativi, che riguardano le sostanze che devono essere essiccate – e quindi la quantità di liquido di cui sono intrise, e del quale dovranno essersi liberate alla conclusione del trattamento termico, e le caratteristiche intrinseche della sostanza, come la forma in cui si presenta o il grado di abrasività, o le caratteristiche organolettiche. Una prima e semplice divisione può essere effettuata in base a due caratteristiche dell’essiccatoio: ne esistono a riscaldamento diretto oppure indiretto, e a funzionamento continuo e discontinuo.
Poniamo ad esempio il caso di un materiale da asciugare che abbia la forma di un nastro continuo: è una caso molto comune, ad esempio, in due industrie come quella cartaria e quella tessile, che trattano entrambe materiali umidi e avvolti in enormi bobine. L’essiccatoio ideale per questo lavoro è il modello a cilindri riscaldati internamente a vapore, sui quali verrà fatto scivolare, e così asciugato, il lungo nastro di materiale. Se d’altro canto abbiamo a che fare con un solido da essiccare che abbia forma granulare, sceglieremo un essiccatoio di tipo completamente diverso, del modello abitualmente definito ” a tamburo”, e faremo girare il nostro solido in un tamburo cilindrico inclinato, percorso da fumi o aria calda per essiccare il materiale, e che ruota sul proprio asse rimestandolo regolarmente.
Esistono, d’altro canto, materiali che al contato con flussi d’aria, o fumi, caldi, potrebbero risultarne danneggiati; in tali casi si sceglierà di utilizzare un essiccatoio a riscaldamento cosiddetto indiretto, ossia dove la camera a tamburo (concettualmente affine a quella vista prima per i solidi in forma granulare) viene fatta ruotare all’interno di una camera di combustione, e quindi il fluido caldo non entra mai in contatto diretto con il materiale da essiccare. Nei casi in cui, invece, si debba asciugare un materiale abrasivo, che ruotando nel tamburo potrebbe danneggiarlo, si impiega un essiccatoio verticale a turbina, in cui il solido viene fatto cadere lungo una serie verticale di dischi rotanti, mentre i gas essiccanti passano fra un disco e l’altro.
In conclusione, andiamo a effettuare una rapida carrellata fra i più particolari dei tanti altri tipi di essiccatoio; ne sono un esempio I modelli utilizzati per quei materiali che si presentano a blocchi, come i mattoni o le ceramiche, basati su camere a funzionamento discontinuo; quelli che al ciclo discontinuo aggiungono un riscaldamento di tipo indiretto, e vengono abitualmente utilizzati nell’industria alimentare, sia nella variante orizzontale che in quella verticale; e quelli, sviluppati per disseccare le sostanze solide in soluzione o sospensione, come spesso si presentano nell’industria farmaceutica, basati su un cilindro rotante riscaldato all’interno con del vapore. Sulle pareti esterne di tale cilindro viene spruzzata la sostanza che si desidera essiccare, e una volta che il processo è completato questa viene raschiata e raccolta con delle apposite spatole..